martedì 11 gennaio 2011

cos'è la libertà?

Invito ogni lettore ad inserire il proprio concetto di libertà, da inserire nel commenti alla domanda.

Voltaire, voce Libertà del Dizionario filosofico (1764)

Voltaire, voce Libertà del Dizionario filosofico (1764)

A. Sentite quella batteria di cannoni che ci frastorna le orecchie avete la libertà di udirla o di non udirla?
B. Certo che non posso fare a meno di udirla.
A. Vorreste che quei cannoni portassero via la testa a voi, e a vostra moglie, e a vostra figlia che son qui a spasso con voi?
B. Che discorso mi fate? Io non potrò mai, finché avrò la testa a posto, volere una cosa simile: ciò è per me impossibile.
A. Bene voi di necessità udite questi cannoni, e di necessità volete non morire, voi e la vostra famiglia, d'un colpo di cannone. Dunque non è in vostro potere né il non udire, né il voler restar qui.
B. È evidentissimo.
A. Di conseguenza voi avete fatto una trentina di passi per essere al riparo dal tiro. Ma avete avuto il potere di camminare con me per questi pochi passi?
B. Anche questo è evidente.
A. Mentre, se foste stato paralitico, non avreste potuto evitare di restare esposto a questa batteria: non avreste avuto il potere di essere dove ora siete, e avreste necessariamente sentito e ricevuto un colpo di cannone; e sareste morto, di necessità.
B. Niente di più vero.
A. E in che consiste allora la vostra libertà, se non in questo potere, che la vostra persona fisica ha esercitato, di fare ciò che la vostra volontà necessariamente le comandava?
B. Voi mi imbarazzate: la libertà dunque non sarebbe altro se non il poter fare quello che io voglio?
A. Pensateci un po', e vedete se ci può essere un'altra maniera di intender la cosa[1]. 
B. Ma in questo caso, il mio cane da caccia è altrettanto libero: egli ha necessariamente la volontà di correre quando vede una lepre, e il potete di farlo, se non ha male alle gambe. Io non avrei dunque niente di più del mio cane voi mi riducete al livello delle bestie.
A. Ecco i poveri sofismi di quei poveri sofisti che vi hanno istruito. È certo una gran disgrazia, essere libero allo stesso modo del vostro cane. Ma d'altronde non gli rassomigliate voi forse, in cento cose? La fame, la sete, la veglia e il sonno, e i cinque sensi, non li avete come li ha lui? O vorreste avere l'odorato in un'altra parte che non nel naso?... E allora perché volete avere la libertà in modo diverso da lui?
B. Ma io ho un'anima che ragiona, e molto; mentre il mio cane non ragiona affatto. Egli ha poco più che delle idee semplici, mentre io ho mille idee metafisiche.
A. Bene: voi siete mille volte più libero di lui. Vale a dire voi avete mille volle più facoltà di pensare che non ha lui; ma non siete libero in modo diverso da lui.
B. Come? Non sono libero di volere ciò che io voglio?
A. Che cosa intendete con queste parole?
B. Intendo quello che intendono tutti. Non si dice forse comunemente che le volontà sono libere.
A. Un proverbio non è una ragione[2]: spiegatevi un po’ meglio.
B. Intendo dire che sono libero di volere come mi piacerà.
A. Col vostro permesso, questa frase non ha senso. Non vi accorgete che è ridicolo dire. "lo voglio volere"? Voi volete per necessità in conseguenza delle idee che si sono presentate alla vostra mente... Volete sposarvi, o no?
B. E se io vi dicessi che non voglio né l'una cosa né l'altra?
A. Sarebbe una risposta come quel tale che diceva "C'è chi crede che il cardinal Mazzarino sia morto, altri credono che sia vivo, ma io non credo né l'una cosa né l'altra".
B. Va bene: dunque voglio sposarmi.
A. Questa è una risposta. E perché volete sposarvi?
B. Perché sono innamorato d'una ragazza, bella, di buon carattere, bene educata. piuttosto ricca, che canta bene, i cui genitori sono persone molto dabbene, ed io mi lusingo d'essere amato da lei e molto ben visto dai suoi.
A. Sono ottime ragioni. Ma voi vedete che non potete volere senza delle ragioni che vi determinano. Io vi dichiaro che voi siete libero di sposarvi vale a dire che voi avete la facoltà di firmare il contratto.
B. Come! Io non posso volere senza delle ragioni? E perché allora dice quell'altro proverbio: Sit pro ratione voluntas, la mia volontà è la mia ragione, voglio così perché voglio...
A. È un proverbio assurdo, mio caro ci sarebbe in voi un effetto senza causa, un sentimento gratuito.
B. Quando io gioco a pari e dispari, ho forse qualche ragione di sceglier pari piuttosto che dispari?

A. Senza dubbio.
B. E quale ragione, di grazia?
A. Probabilmente, che l'idea del pari si è presentata al vostro spirito prima dell'altra. Sarebbe bello che ci fossero dei casi in cui voi volete perché è una causa del vostro volere, e ci fossero degli altri casi in cui volete senza causa. Quando volete sposarvi, è chiaro che vi rendete conto delle ragioni che vi decidono; non ve ne rendete conto quando scegliete pari o dispari, ma bisogna pure che qualche ragione ci sia.
B. Ma ancora una volta allora io non sono libero?
A. La vostra volontà non è libera; ma le vostre azioni, si. Voi siete libero di agire, quando avete il potere di agire.
B. Ma tutti i libri che io ho letto[3] sulla libertà d'indifferenza?
A. Che intendete con questa formula?
B. Intendo la libertà di sputare a destra o a sinistra, di dormire sul fianco destro o sul sinistro, di fare quattro giri a passeggio o cinque.
A. Sarebbe proprio una bella libertà! Dio vi avrebbe fatto un bel presente, e ci sarebbe molto da vantarsene! Che vi servirebbe un potere che si esercitasse solo in occasioni cosi futili. Ma il fatto è che è ridicolo supporre la volontà di voler sputare a destra. Non solamente questa volontà di volere è assurda; ma è certo che molte piccole circostanze, magari inavvertite, vi determinano a quegli atti che voi chiamate indifferenti. Voi non siete libero in essi più che negli altri. Ma, ancora una volta: voi siete libero in tutti i tempi e in tutti i luoghi, quando avete la facoltà di fare quel che volete fare.

mercoledì 22 dicembre 2010

la libertà è lo svincolarsi dai valori

I valori ci limitano nella visione della vita, formano i preconcetti mentali che ci obbligano a vivere una vita sotto il peso di un giogo immenso. Pensate ai vostri valori, amore, odio, razza, odore, etc., tutto frutto di percezioni soggettive che limitano la visione globale delle cose; basterebbe staccarsi dalla valutazione delle cose che percepiamo e passarre alla loro accettazione come singole percezioni, così si eviterebbe ogni forma di scontro e di sofferenza.
Se ogni persona capisse che il suo modo di intendere il mondo è esclusivamente suo e vive in autarchia, tutti potremmo vivere più sereni e senza essere schiavi di noi stessi.

libertà da dizionario

liberta
libertà (ant. libertate e libertade) s. f. [dal lat. libertas -atis]. – 1. a. L’esser libero, lo stato di chi è libero: amo la mia l.; non posso rinunciare alla mia l.; L. va cercando, ch’è sì cara, Come sa chi per lei vita rifiuta (Dante); se si riducono i margini della scelta individuale, aumenta il gusto della l. (Eraldo Affinati); la l. dell’uomo, dell’individuo (e per estens., la l. dell’arte, dell’artista). Si oppone direttamente a schiavitù, prigionia (anche di animali) in frasi come essere, vivere, mettere, rimettere in l.; avere, godere la l.; privare uno della l. (renderlo schiavo, o metterlo in prigione o tenerlo comunque in uno stato di detenzione); nel linguaggio giur.: l. provvisoria, nel cod. proc. pen. del 1930, provvedimento del giudice o del pubblico ministero che, in fase di istruttoria o di giudizio e in attesa dell’esito definitivo del processo, liberava l’imputato dall’obbligo della custodia preventiva, imponendogli talora la prestazione di una cauzione o di una malleveria; l. vigilata, misura di sicurezza non detentiva, stabilita in determinati casi dal giudice in sostituzione o in aggiunta alla pena della reclusione, per cui la persona è libera ma sottoposta a speciale sorveglianza da parte dell’autorità di pubblica sicurezza; l. controllata, sanzione sostitutiva di una pena detentiva di durata non superiore a 6 mesi, consistente in un complesso di obblighi e limitazioni imposti al condannato (per es., divieto di allontanarsi senza autorizzazione dal comune di residenza). Tribunale della l., espressione con cui è comunemente indicato il tribunale cui è attribuita la competenza a giudicare con procedura d’urgenza sulle impugnazioni delle ordinanze del giudice penale in materia di misure cautelari personali. Senza determinazioni, s’intende spesso per antonomasia lo stato di un popolo che si governa con leggi proprie, sia nel senso che non è asservito a una potenza straniera ed è perciò indipendente, sia nel senso che non è soggetto a un governo tirannico: l., uguaglianza, fraternità (fr. liberté, égalité, fraternité), motto coniato durante la rivoluzione francese e poi assunto a divisa della repubblica; lottare, morire per la l.; conquistare, mantenere, perdere la l.; rivendicare la l. e rivendicarsi in l.; reggersi a l.; costituirsi in l.; dare, togliere, distruggere, violare la l.; popolo maturo, immaturo alla l. (o per la l.); moti, sentimenti, palpiti di l.; l’albero della l. (v. albero2, n. 1 a); personificata: la statua della L., colossale statua nel porto di New York, raffigurante una figura femminile che sorregge col braccio destro una torcia. Viva la l.!, esclam. di sign. generico, pronunciata talora in tono scherz. o di sarcasmo. b. In senso astratto e più generale, la facoltà di pensare, di operare, di scegliere a proprio talento, in modo autonomo; cioè, in termini filosofici, quella facoltà che è il presupposto trascendentale della possibilità e della libertà del volere, che a sua volta è fondamento di autonomia, responsabilità e imputabilità dell’agire umano nel campo religioso, morale, giuridico: Lo maggior don che Dio per sua larghezza Fesse creando ... Fu de la volontà la libertate (Dante); sotto l’aspetto più strettamente giur., la libertà del volere è considerata dal diritto penale come elemento soggettivo necessario della imputabilità di un reato e dal diritto privato come elemento determinante la validità di un negozio giuridico. Sempre in senso generale: l. piena, ampia, assoluta, relativa; concedere, limitare la l.; delitti contro la libertà. Con varie determinazioni: l. personale, religiosa, morale; l. sessuale (sia nel senso che nessuno può essere costretto ad atti sessuali non voluti – e in questo senso si parla di delitti contro la l. sessuale – sia con riferimento a chi conduce una vita sessuale non limitata dai vincoli delle norme sociali o religiose); l. d’opinione, di coscienza, di culto, di parola, d’azione, di voto. Diritti di l., diritti pubblici fondamentali che tutelano l’indipendenza dell’attività individuale da costrizioni esterne e che possono essere fatti valere nei confronti di tutti gli altri soggetti, privati o pubblici, tenuti dall’obbligo correlativo al rispetto di tale indipendenza. In sede giuridico-economica si considerano inoltre la l. di commercio, la l. di scambio, la l. di lavoro, la l. di coniazione delle monete, ecc. L. dei mari, nel diritto internazionale marittimo, principio teorico in base al quale tutte le nazioni possono navigare e commerciare, in qualunque mare, liberamente e senza limitazioni, fatta eccezione per le acque territoriali. L. dell’aria, diritto che un aeromobile ha di esercitare talune attività, connesse con le esigenze del volo, su territorio diverso da quello nazionale. 2. Con sign. più limitati: a. L’esser libero da vincoli, freni o impedimenti: non vuole sposarsi perché preferisce la l.; concedi troppa l. ai tuoi figli; avere, non avere l. di movimenti. L’esser libero da occupazioni o impegni: il direttore gli ha concesso due ore di l.; il lavoro non mi lascia un attimo di l.; mettere in l., dispensare dal servizio un dipendente; siete in l., frase con cui talora si congedano gli allievi dopo una lezione, i partecipanti a una riunione, e sim. b. Seguito dalla prep. da, significa spesso liberazione, affrancamento: l. dalla fame, dal dolore. In partic., l. dal bisogno, l. dalla paura, due delle quattro libertà (insieme con la l. di parola e di religione) dette l. atlantiche, proclamate, dal presidente degli Stati Uniti d’America F. D. Roosevelt nel 1941, necessarie per giungere a una pacifica convivenza fra gli uomini. c. In qualche caso, libera facoltà: è in mia l. accettare o no; chiedo la l. di decidere. Quindi, anche, arbitrio, licenza: prendersi la l. (di dire o fare una cosa), arrogarsi un diritto, permettersi; espressione usata spesso come formula di modestia o di cortesia (per es.: scusi se mi prendo la l. di farle un’osservazione); ma riferita ad altri esprime piuttosto riprovazione (per es.: si è preso la l. di contraddirmi); con sign. più concreto, al plur., prendersi delle l., prendersi troppe l., trattare con eccessiva confidenza, mancare di rispetto (e analogam., non mi piacciono, non gradisco, non tollero certe libertà). Parlare, discorrere con troppa l., con linguaggio licenzioso, ardito. d. Mettersi in l., indossare gli abiti di casa, levarsi la giacca, o sim., per stare più comodi o più freschi; anche, trattare familiarmente, non far cerimonie. Così, stare in l., in tutta l., senza soggezione, senza inutili riguardi; seduti, con tutta l., in una perfetta solitudine (Manzoni). 3. Di cosa, esser libero in genere: l. di un fondo da ipoteche, da servitù, ecc.; l. di manovra, di una nave (v. manovra, n. 2 a). In chimica, mettere in l., rendere allo stato libero, liberare: nella combustione si mette in l. l’anidride carbonica. 4. Nel linguaggio tecn. e scient., grado di l., locuz. usata con varî sign.: in termodinamica, è sinon. di varianza, per indicare il numero dei parametri caratteristici che si possono far variare senza turbare l’equilibrio di un sistema e quindi senza cambiare il numero e la natura delle fasi presenti; in meccanica, indica il numero dei parametri essenziali e indipendenti atti a individuare le posizioni di un sistema rigido, di un punto materiale, ecc., che equivale al numero di traslazioni o rotazioni indipendenti a cui possono essere ricondotti i movimenti che il sistema o il punto materiale sono liberi di effettuare (dati i vincoli cui sono sottoposti); in statistica, in una distribuzione di frequenze, indica il numero degli scarti dalla media indipendenti tra loro, cioè il numero totale degli scarti meno uno. L. asintotica di una teoria è la proprietà che essa ha di diventare una teoria libera, cioè senza interazioni, per certi valori limite di determinate grandezze, per es. per grandi energie.